Tempi di posa e diaframmi

23.09.2013 10:14

Una macchina fotografica moderna è caratterizzata da tre elementi fondamentali: una scatola a tenuta di luce, un obiettivo e un sensore.

Il corpo macchina (la scatola a tenuta di luce) può essere realizzata in qualsiasi materiale, partendo dalla plastica per giungere alle leghe di alluminio, a seconda della qualità della stessa. Il design è molto similare per tutte le marche, così come il materiale di base. A cambiare di solito sono le rifiniture, ma neanche più di tanto.

L’obbiettivo agisce come una lente convergente (la comune lente di ingrandimento) e la sua funzione è quella di fare arrivare un'immagine nitida sul sensore. Quando ''scattiamo una fotografia'' non facciamo altro che catturare la luce proveniente dal soggetto fotografato, che attraverso l'obiettivo (l’occhio della fotocamera) va a colpire il sensore posto all'interno della fotocamera. Anche l’obiettivo non varia molto da marca a marca, tutte hanno più o meno gli stessi standard. Così pure la qualità delle lenti ormai è uniforme fra le macchine della stessa fascia di prezzo.

Il sensore può essere essenzialmente di 2 tipi:

  • https://www.electronicproducts.com/images2/F402KODE0204.gifCCD (Charge Coupled Device) sono quelli attualmente più usati e sono costituiti da una serie di diodi (detti photosites) sensibili alla luce che convertono ogni fotone di luce ricevuto in una carica elettrica. A seconda dell'intensità della luce quindi avremo dei photosites più o meno carichi di elettroni. Il processo successivo sarà quello di convertire la carica di ogni photosites (ovvero di ogni pixel della futura foto) in un formato digitale mediante un ADC (Analog to Digital Converter).
  • https://cpn.canon-europe.com/files/product/cameras/eos_6d/caption_006_thumb.jpgIl processo per i sensori CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor) è praticamente identico. I sensori CMOS sono un po’ più sensibili alle interferenze e quindi producono un immagine qualitativamente inferiore rispetto ai sensori CCD. D'altra parte sono comunque più flessibili in termini tecnologici e consumano 100 volte meno dei CCD! Tempi addietro erano usati soprattutto per le telecamere, ora questa tecnologia è molto migliorata e la differenza di qualità è nettamente inferiore, tant’è che colossi come Canon lo inseriscono nelle macchine top di gamma.

 

Ma andiamo a centrare il tema dell’articolo..

Quando scattiamo, se il sensore riceve troppa luce carica eccessivamente i photosites, mentre il caricamento è scarso se la quantità di luce risulta insufficiente. In entrambi i casi avremo una fotografia inutilizzabile perché troppo chiara (sovraesposta) o troppo scura (sottoesposta).

 

Ma cosa significa tutto ciò? Quando scattiamo una foto è importante determinare la quantità di luce entrante nella nostra fotocamera. Trovare la giusta esposizione in base alle diverse situazioni in cui ci troviamo è fondamentale per la riuscita dei nostri scatti. Per fare ciò dobbiamo prima prendere confidenza con due elementi che ci accompagneranno in questa lettura: l'otturatore ed il diaframma. È la combinazione di questi due elementi che regola il passaggio della luce attraverso l’obbiettivo, verso il sensore.

Diaframma

https://www.delmutolo.com/forum/img_upload/foto1009301107801249.jpgOltre a regolare il tempo di otturazione, dovremo regolare anche l’apertura del diaframma, dispositivo paragonabile all’iride dell’occhio umano, è un'apertura solitamente circolare o poligonale, incorporata nel barilotto dell'obiettivo, che ha il compito di controllare la quantità di luce che raggiunge i sensori nel tempo in cui l'otturatore resta aperto (tempo di esposizione). Il centro del diaframma coincide con l'asse ottico della lente. Insieme al tempo di esposizione, l'apertura del diaframma determina la quantità di luce che viene fatta transitare attraverso l'obiettivo. La regolazione del diaframma si chiama apertura.

A piena apertura il diaframma lascia passare, in un dato tempo, quanta più luce possibile verso il supporto sensibile, chiudendo il diaframma si riduce tale quantità di luce.

Nelle fotocamere, il diaframma può essere regolato su diverse aperture, distribuite regolarmente su una scala di intervalli detti numeri f (f/numero) o f/stop o aperture diframmali o divisioni di diaframma o più semplicemente diaframmi. La sequenza dei valori di numeri f è una progressione geometrica di ragione  (circa 1,4) standardizzata al congresso di Liegi nel 1905. Comprende i seguenti valori:

 

f/1 - f/1,4 - f/2 - f/2,8 - f/4 - f/5,6 - f/8 - f/11 - f/16 - f/22 - f/32 - f/45 - f/64

 

L'intervallo tra i diversi valori del diaframma viene comunemente indicato in gergo stop.

I numeri f sono calcolati e ordinati in modo tale che diaframmando (cioè chiudendo il diaframma di un'intera divisione o di 1 stop) si dimezza la quantità di luce che entra a impressionare la pellicola o i sensori, chiudendolo di 2 stop si diminuisce la luce a 1/4, chiudendolo di 3 divisioni a 1/8 e così via.

I numeri f esprimono il rapporto focale, cioè il rapporto tra la lunghezza focale dell'obiettivo e il diametro dell'apertura del diaframma. Pertanto a valori più bassi di f corrispondono aperture di diaframma più ampie.

Ad esempio, con un obiettivo di 50 mm, un'apertura del diaframma di 25 mm corrisponde a f/2 mentre un'apertura di 3,125 mm a f/16.

In questo senso f è chiamato anche "apertura relativa", nel senso che il valore f dell'apertura è normalizzato rispetto alla lunghezza focale, ed esprime l'intensità di luce lasciata passare dal diaframma, utile ai fini del calcolo dell'esposizione.

La stessa apertura relativa (per esempio f/4) corrisponde a due aperture assolute diverse in un obiettivo di lunghezza focale 50mm (apertura assoluta a f/4 = 50/4=12,5 mm) e in un teleobiettivo 300mm (apertura assoluta a f/4 = 300/4=75 mm); però corrisponde alla stessa intensità di luce che l'obiettivo lascia passare verso la pellicola o il sensore.

A parità degli altri parametri (obiettivo, formato, ecc) la profondità di campo è fortemente influenzata dall'apertura del diaframma: se questo è completamente aperto essa assume il minimo valore, viceversa diminuendo l'apertura (l'operazione è detta diaframmare) si aumenta la profondità di campo, che raggiunge il massimo quando il diaframma è portato all'apertura minima.

Diaframmi di piccole dimensioni richiedono però tempi di esposizione più lunghi e conseguentemente implicano un maggior rischio di mosso se il soggetto o la fotocamera si spostano durante l'esposizione.

Diaframmi più chiusi hanno anche l'effetto di ridurre gli effetti di aberrazione ottica (differenza tra l'immagine effettiva, reale o virtuale, formata dal sistema e l'immagine che si voleva ottenere).

Diaframmi molto chiusi provocano un peggioramento dell'immagine, dovuto alla diffrazione (fenomeno associato alla deviazione della traiettoria di propagazione delle onde quando queste incontrano un ostacolo sul loro cammino. Ad esempio la diffrazione atmosferica causata da microscopiche gocce d'acqua in sospensione è la responsabile degli anelli luminosi visibili attorno alle sorgenti di luce) dei raggi luminosi per opera dei bordi del diaframma. Questi raggi diffratti dai bordi sono sempre presenti, ma il loro effetto sulla qualità dell'immagine diventa rilevante solo a diaframma chiuso, poiché in tali condizioni non è più trascurabile il rapporto tra le quantità di luce diffratta e non diffratta. La diffrazione non dipende dalla dimensione fisica del diaframma all'apertura prescelta, ma esclusivamente dal rapporto prescelto.

La distanza esistente tra centro ottico dell’obiettivo e piano pellicola (vedere il grafico) è detta poi lunghezza focale. Tale parametro varierà col variare dell’angolo di ripresa o di campo dell’obiettivo: maggiore angolo di campo, minore lunghezza focale (grandangolari), minore angolo di campo, maggior lunghezza focale (teleobiettivi).

Otturatore

https://ralph-dte.eu/files/2009/12/otturatore-a-tendina.jpgIn fotografia, l'otturatore è il dispositivo meccanico o elettronico che ha il compito di controllare per quanto tempo il sensore resta esposto alla luce. Facendo un parallelo con l'occhio umano, mentre l'iride rappresenta il diaframma, la palpebra dà un'idea dell'otturatore. Gli otturatori possono essere classificati in due tipi:

Al primo tipo corrispondono tutti gli otturatori dotati di lamelle disposte a raggiera, in modo simile a quelle del diaframma. Il secondo tipo è un otturatore composto da due superfici di stoffa o metallo disposte parallelamente lungo il piano focale, che scorrono verticalmente formando una fessura che lascia passare la luce. Se il tempo richiesto è lento, la prima tendina raggiunge il fine corsa e conseguentemente parte la seconda che copre la pellicola concludendo l'esposizione. In caso di tempi più rapidi, la seconda tendina viene azionata durante la corsa della prima, quindi la pellicola non viene esposta contemporaneamente lungo tutto il fotogramma, ma solo attraverso la fessura formatasi dal ritardo fra la prima e la seconda tendina.

Il tempo di otturazione può essere utilizzato in modo creativo, infatti scegliendo un tempo lento si può catturare un soggetto ed esaltarne il movimento (mosso creativo), oppure scegliendo un tempo rapido si può fissare (congelare) un soggetto in movimento e aumentare la nitidezza dell'immagine.

Nelle macchine fotografiche, di un certo livello, i tempi dell'otturatore sono selezionabili secondo una tipica serie di tempi (o velocità) di otturazione in frazioni di secondo.

8 - 4 - 2 - 1 - 1/2 - 1/4 - 1/8 - 1/15 - 1/30 - 1/60 - 1/125 - 1/250 - 1/500 - 1/1000 - 1/2000 - 1/4000

Nella scala dei tempi ogni valore è circa la metà di quello che lo precede e circa il doppio di quello successivo. Di norma i valori inferiori al secondo sono visualizzati solo con il divisore, escludendo il numeratore (1/125 diviene 125). Come per la scala dei diaframmi, l'intervallo tra i diversi valori dei tempi di otturazione viene indicato in gergo stop. Aumentando/diminuendo di uno stop il tempo di otturazione raddoppia/dimezza la quantità di luce che arriva al supporto sensibile.

 

In sintesi: la giusta quantità di luce che deve arrivare alla pellicola viene regolata dall'azione combinata dell'otturatore e del diaframma; azione che può essere regolata manualmente o lasciata agli automatismi della fotocamera. Saper fotografare significa saper usare una fotocamera manualmente, sfruttandola secondo le proprie esigenze.

 

Exposition Value

Il valore di esposizione (Exposition Value), è il valore di intensità luminosa, a cui corrisponde un abbinamento di valori di diaframma e di tempo di posa. Uno stesso valore EV si può ottenere con differenti combinazioni di diaframmi e tempi di scatto. Il valore EV è sempre riferito a una sensibilità di 100 ISO. Se varia la sensibilità del supporto (valore di ISO) si dovrà compensare la variazione con una differente coppia tempo/diaframma. Ad esempio: Passando da 100 ISO a 200 ISO si dovrà dimezzare il tempo di esposizione o l'apertura del diaframma "chiudere di uno stop".

A questo punto vediamo alcuni consigli e tabelle di riferimento che possono facilitarci li compito.

 

Valori EV per scene comuni in fotografia

  • 16 Soggetti in piena luce. Paesaggi con sabbia o neve in pieno sole
  • 15 Soggetti in piena luce. Paesaggi in pieno sole.
  • 14 Luna piena. Paesaggi luminosi con ombre leggere.
  • 13 Luna a metà. Paesaggi nuvolosi ma con forte luminosità e soggetti privi di ombre.
  • 12 Luna a quarti. Paesaggi ben illuminati o appena prima del tramonto.
  • 11 Luna a falce. Paesaggi al tramonto. Soggetti in forte ombra.
  • 10 Paesaggi subito dopo il tramonto. Neon ed insegne luminose. Gallerie illuminate.
  • 9 Paesaggi dopo il tramonto. Soggetti sotto una luce artificiale. Sport notturni. Interni con forte luce fluorescente.
  • 8 Piazze ben illuminate di notte. Strade illuminate. Vetrine di negozi. Fuochi e incendi.
  • 7 Sport al coperto. Circhi e spettacoli al coperto. Uffici e ambienti di lavoro.
  • 6 Interni di notte ben illuminati. Fiere e Luna Park.
  • 5 Traffico notturno. Interni domestici con luce media. Chiese e Auditorium. Soggetti illuminati da candelabri.
  • 4 Ritratti a lume di candela. Luci natalizie, edifici illuminati, fontane, e monumenti. Soggetti sotto la luce dei lampioni.
  • 3 Fuochi d’artificio.
  • 2 Fulmini. Eclisse totale di luna.
  • 1 Vedute con edifici illuminati in distanza.
  • 0 Soggetto illuminato da luce ambiente artificiale
  • -1 Notte distante dalle luci della città. Paesaggio con la neve e la luna piena.
  • -2 Soggetto di notte illuminato dalla luna piena.
  • -3 Alba.
  • -4 Soggetto con mezza luna.
  • -5 Soggetto con falce di luna.
  • -6 Soggetto sotto il cielo stellato.

 

La scala completa comprende i valori anche dal 17 al 23 che però non sono riscontrabili in natura.

I valori di EV da -6 a 16 sopra citati si utilizzano convertendo il valore scelto in combinazioni d’ apertura del diaframma, tempi di scatto e sensibilità ISO.

Come usare la tabella

Pensiamo alla situazione in cui ci troviamo e cerchiamo il valore EV nella tabella per scene comuni, ad esempio EV 15 soggetti in pieno sole.

Passiamo quindi alla tabella di calcolo. Scegliamo un apertura nelle colonne del diaframma f/stop, ad esempio f11. Scegliamo un valore ISO, ad esempio 50. Incrociamo i valori e vediamo che  il tempo da usare consigliato è 1/125.

Tabella di riferimento per l'esposizione

Teniamo presente che comunque il calcolo è indicativo ed è opportuno, come sempre in fotografia, sperimentare di persona. Ricordo inoltre che la fotografia è l’arte di giocare con la luce interpretandola. A volte una foto volutamente e sapientemente sovraesposta o sottoesposta può essere più significativa di una scattata con la perfetta esposizione.

La scala degli ISO è solitamente 50, 100, 200, 400, 800, 1600, 3200, 6400

La scala dei tempi è invece 15, 8, 4, 2, 1, 1/2, 1/4, 1/8, 1/15, 1/30, 1/60, 1/125, 1/250, 1/500, 1/1000, 1/2000, 1/4000, 1/8000

La scala come si vede procede per dimezzamenti.

Per sapere quando usare un cavalletto una regola a spanne è quella di valutare il rapporto tra il reciproco della focale che stiamo usando e il valore dei tempi. Se stiamo usando un tele spinto da 300 mm allora dovremo usare tempi di almeno1/500 o altrimenti usare il cavalletto.

La scala dei diaframmi F-stop è 1/1, 1/1.4, 1/2, 1/2.8, 1/4, 1/5.6, 1/8, 1/11, 1/16, 1/22, 1/32,

E anche questa come si vede procede per successivi dimezzamenti.

Questo significa che quando ci spostiamo da uno dei parametri di apertura o di tempi al successivo o al precedente dimezziamo o raddoppiamo la quantità di luce entrante.

Ricordiamo poi che l’apertura del diaframma controlla anche la profondità di campo, cioè la messa a fuoco dello sfondo. Più il diaframma è aperto, valori bassi di F-stop, e più lo sfondo risulterà sfocato. Viceversa maggiore è il valore di F-stop, minore è l’apertura del diaframma e maggiore è la profondità di campo. La profondità di campo dipende inoltre anche dalla focale in uso. Maggiore è la focale e minore è la profondità di campo. Un tele da 300 mm sfocherà di più lo sfondo rispetto ad un 50 mm a parità di condizioni di esposizione impostata e di distanza dal soggetto. Un altro fattore che influenza la profondità di campo è la distanza di messa a fuoco che possiamo regolare con la ghiera del controllo manuale sull’obiettivo della reflex, spostando il puntamento dell’autofocus nelle digicam o semplicemente spostandoci dal soggetto. Ricordiamo che più ci allontaniamo dal soggetto e più aumenta la profondità di campo. Un soggetto ripreso a breve distanza avrà quindi una profondità di campo ridotta.

Legato alla profondità di campo è il cerchio di confusione che indica la capacità di risoluzione del nostro occhio. La sensazione di nitidezza dipende dalla possibilità di distinguere un punto da un cerchio. Per un occhio con vista normale esistono degli indici precisi legati alla distanza di visione e al formato dell’immagine.


Fonti:
CSI-Multimedia.it

Fondali.it