Erogatori

26.03.2012 13:48

L’equipaggiamento per immersioni ARA (Auto Respisatore ad Aria) consiste in un apparato ovvero un sistema completo di scorta d’aria che indossato dal sub che gli permette di respirare in immersione. Lo scopo di un sistema di erogazione è quello di ridurre la pressione della miscela compressa presente nelle bombole alla pressione ambiente e di fornire aria quando richiesta. Parte fondamentale nell’equipaggiamento di un subacqueo la svolge l’erogatore (non a caso in molti lo definiscono il "fedelissimo compagno d’immersione") è quindi importante che esso sia sempre mantenuto in costante efficienza al fine di garantirci tante immersioni sicure e divertenti.

Solo un minimo di cura ed attenzione sono necessarie per mantenere i vostri erogatori in perfette condizioni. La manutenzione ordinaria consiste semplicemente in una accurata pulizia dopo ogni immersione. Si consiglia sempre di sciacquarli abbondantemente, mantenendoli connessi alla bombola con i rubinetti aperti. Questo per evitare che entri acqua nel circuito con la conseguente ossidazione di parti dello stesso. Se ciò non è possibile occorre porre molta attenzione a mantenere il primo stadio più alto dei secondi stadi durante il risciacquo e a non pigiare mai il pulsante di erogazione continua.

Altri accorgimenti ci consentiranno di preservare il nostro erogatore da guasti o malfunzionamenti: assicurarsi all’atto del montaggio dell’unità che non vi siano residui di acqua nei rubinetti della bombola; tenere premuto il pulsante di erogazione ogni volta che si dà pressione al sistema; vuotare da eventuali residui di acqua il tappo di protezione del 1° stadio.

Il lavoro di manutenzione, che vada oltre i semplici accorgimenti sopra descritti, va demandato ad un centro tecnico abilitato e dovrà essere effettuato con scadenza annuale o ogni 50 immersioni.

Tipologia e funzionamento degli erogatori

Come detto prima l’erogatore consente di ridurre la pressione della miscela contenuta nella bombola ad un valore corrispondente a quello ambiente.

Se la riduzione avviene con un unico balzo di pressione l’erogatore sarà detto mono stadio, se invece tale riduzione viene effettuata in due fasi avremo l’erogatore doppio stadio. Inventato nel lontano 1942 da Jacques-Yves Cousteau e Emile Gagnan, l’erogatore monostadio oggi non viene più prodotto, tralasceremo quindi il suo funzionamento, per dare più spazio ai ben più innovativi doppio stadio.

L’erogatore doppio stadio, lo dice anche il nome, si compone di due parti principali :

il primo stadio, più massiccio generalmente   costruito in ottone cromato o satinato.

il secondo stadio , collegato al primo tramite una frusta, è una scatola in ottone cromato o fibre plastiche ad alta resistenza.

Il primo stadio riduce la pressione dell’aria ad un valore fra le 8 e le 12 atmosfere rispetto alla pressione ambiente. Tale riduzione avviene mediante un pistone o una membrana bilanciate da una molla pretarata. In sostanza , all’interno del corpo del primo stadio, c’è una camera, detta di espansione, dove l’aria ad alta pressione proveniente dalla bombola si espande. Quando la pressione raggiunge un valore di 8/12 bar superiore a quella ambiente, agisce sul pistone (o membrana che sia) spostandoli fino a chiudere il foro di entrata dell’aria.

I primi stadi si suddividono in due tipologie : Non Bilanciati e Bilanciati.

Per poter spiegare chiaramente il loro funzionamento in maniera comprensibile e semplice mi devo avvalere di disegni tecnici.

In un primo stadio non bilanciato l'erogazione è consentita dall'azione dell'alta pressione sulla superficie S1 della pastiglia.

Se la pressione della bombola diminuisce, si riduce la spinta esercitata su S1 e proporzionalmente diminuisce la pressione intermedia e l'erogazione.

La pressione ambiente (acqua) agisce sulla superficie S2, un suo incremento determina un aumento della pressione intermedia esercitata sulla faccia superiore della testa del pistone S3. Questi incrementi sono uguali ma si esercitano su superfici di grandezza differente (la superficie interna della testa del pistone S2 è più piccola di quella esterna S3).

In questi erogatori la pressione intermedia subisce un aumento proporzionalmente inferiore a quello della pressione ambiente, perché la stessa forza agisce su una superficie maggiore. Si avrà quindi una minore erogazione a profondità maggiori.

Nel primo stadio bilanciato sono stati eliminati tali problematiche staccando semplicemente la pastiglia dal pistone che ha il gambo a sezione cava. Di conseguenza la pressione della bombola non viene più esercitata su di una superficie , ma l'aria scorre liberamente nel gambo del pistone. Perciò l'erogazione è indipendente dalle variazioni dell'alta pressione.

Le due superfici S2 e S3 sono pressoché uguali, ciò riduce al minimo la differenza tra l'aumento della pressione ambiente e l'incremento della pressione intermedia.

Il secondo stadio è composto di:

1) una scatola o corpo

2) un pistoncino

3) una molla pretarata

4) una leva

5) una membrana

6) una valvola di non ritorno

7) un boccaglio

L’aria , proveniente dal primo stadio tramite la frusta, arriva al secondo stadio con una pressione che va dagli 8 ai 12 bar (a seconda degli erogatori) e si arresta in prossimità del pistoncino che coadiuvato dalla spinta di una molla pretarata, chiude il sistema . Il pistone è collegato alla leva posta sotto la membrana che come un coperchio chiude ermeticamente la scatola del secondo stadio. Possiamo definire questo sistema a richiesta d’aria.

L’erogatore a richiesta d’aria, comunque congeniato, eroga aria soltanto a richiamo e questo non solo all’atto del distacco (cioè l’allontanamento del pistoncino dalla sede di chiusura) ma anche per l’intera fase inspiratoria. In altre parole, il sub deve esercitare un prolungato ed intenso sforzo polmonare che aumenta in proporzione alla quantità d’aria richiesta ed alla profondità.

La spiegazione del fenomeno è semplice, se si schematizza l’atto inspiratorio nelle due seguenti fasi.

Prima fase: con l’atto inspiratorio si crea una leggera depressione all’interno della scatola del secondo stadio e ciò fa introflettere la membrana che, agendo sulla leva, provoca l’apertura del pistoncino posto alla fine della frusta , l’aria affluisce nella scatola di equilibrio e può essere respirata.

Seconda fase: l’aria erogata , oltre ad uscire dal boccaglio invade la scatola del secondo stadio, creando un controflusso che tende a provocare il sollevamento della membrana e della leva, provocando l’arresto dell’erogazione. Per vincere questo effetto il sub deve continuare a "succhiare" aria, il che provoca un lavoro polmonare intenso, prolungato, ed altamente faticoso.

In profondità le cose peggiorano perchè la quantità di aria necessaria aumenta drasticamente e l’accresciuta densità e viscosità dell'aria stessa rende intollerabile lo sforzo inspiratorio.

Con il passare degli anni , le aziende costruttrici, nel tentativo di migliorare le prestazioni, hanno cercato, con successo, di ridurre al minimo questo sforzo respiratorio al fine di rendere le immersioni più sicure e divertenti.

Il sistema di erogazione ad offerta, più comunemente chiamato "iniezione", non deve costringere il sub a succhiare l’aria, ma deve invece "offrirla" secondo l’esigenza e senza richiedere sforzo.

La respirazione ad offerta si ottiene mediante lo sfruttamento del principio Venturi: all’apertura del pistoncino del 2 stadio il getto d’aria , a pressione ambiente, viene guidato direttamente verso il boccaglio mediante un tubetto iniettore e, per l’effetto Venturi, provoca una depressione nella scatola del 2 stadio, questa depressione mantiene abbassata la membrana ed elimina ogni successivo sforzo respiratorio.

Per arrestare l’erogazione sarà sufficiente una leggera contropressione, che in pratica si crea cessando l’inspirazione .

L’elevata sensibilità dei secondi stadi ad iniezione ha portato, al fine di gestire al meglio l’effetto Venturi, alla creazione di "deflettori di flusso" regolabili atti a consentirci una migliore "personalizzazione" di tale effetto.

L’importanza di una periodica revisione delle attrezzature, è fondamentale per chi pratica l’immersione subacquea sia essa ricreativa, tecnica o commerciale. Il malfunzionamento o peggio ancora la rottura, dell’erogatore, potrebbe mandare a monte la giornata, magari dopo esserci imposti una levataccia ed aver percorso svariati chilometri per arrivare al luogo d’immersione. Ma il guaio peggiore sarebbe quello di avere un’improvvisa rottura del sistema magari mentre stiamo tranquillamente osservando una parete a -30 mt. Anche se le conseguenze fossero ridotte al solo spavento, nessun subacqueo vorrebbe vivere una tale esperienza, è per questo motivo che un sub coscienzioso, che pratichi l’attività con frequenza costante per tutto l’arco dell’anno, faccia controllare e/o revisionare il suo erogatore presso un centro di assistenza tecnica specializzato, di sua fiducia, almeno una volta l’anno. La tendenza, purtroppo, è quella di portare l’erogatore non a revisionare, ma a riparare, una buona percentuale di subacquei affida i propri erogatori ad un tecnico, quando ormai la loro condizione di utilizzo è ridotta ad un bel fiorire di ossido e concrezioni, ed il loro impiego risulta impossibile. All’interno degli erogatori vi sono delle parti in movimento, generalmente in ottone o acciaio, la cui tenuta alla pressione interna ed esterna, è demandata a delle guarnizioni di tipo "O-RING", la formazione di incrostazioni dovuta all’ingresso accidentale di acqua salmastra, l’usura stessa delle guarnizioni o-ring, la scarsa lubrificazione delle parti di scorrimento, una errata manutenzione, un lungo periodo di inattività, sono tutte condizioni che possono contribuire al malfunzionamento dell’erogatore.

L’erogatore, come una macchina, deve essere calibrato su determinati valori dati dal costruttore stesso, quindi portare l’erogatore ad un centro specializzato, ci garantirà la competenza e l’ausilio di una strumentazione adatta per una taratura ottimale del sistema.

Inoltriamoci ora in una officina , la prima cosa che ci colpisce è una macchina cromata con acclusa una rubinetteria tipo bibombola, e quattro strumenti che indicano: pressione di alimentazione, pressione minima di alimenta-zione (20 bar), pressione di taratura del 1 stadio e indicatore di sforzo di inspirazione.

Notiamo poi una serie di chiavi "dedicate" per lo smontaggio dei più svariati modelli di erogatori.

Un tecnico al lavoro ci illustra come viene effettuata una revisione:

come prima operazione si scollega il primo stadio dal secondo, vengono tolte eventuali fruste (jacket, manometro, octopus, etc.) e si comincia lo smontaggio del corpo del primo stadio (in questo caso un "pistone bilanciato") togliendo tutti i tappi delle uscite ausiliarie, viene poi posizionata una chiave alla presa di alta pressione che consente di: bloccare il corpo dell’erogatore in morsa senza danneggiarlo, svitare il cappuccio dove ha sede la camera di bilanciamento ed estrarre il pistone; poi il trattenitore della brida da cui si estrae il filtro sinterizzato, ed infine il tappo portapastiglia.

Tolte tutte le guarnizioni O-ring dalle loro sedi, l’erogatore (a pezzi) finisce dentro una vasca ad ultrasuoni con una soluzione disincrostante atta a neutralizzare l’azione salina. Lo stesso procedimento lo subisce il secondo stadio dopo essere stato separato da tutto le parti in gomma, che verranno lavate con un semplice detergente. Terminato il lavaggio, tutte le parti componenti l’erogatore vengono immerse in acqua e poi asciugate, le guarnizioni vengono sostituite con delle nuove (tassativamente originali) e si inizia il procedimento di assemblaggio delle parti (un primo stadio a pistone è composto da ben 42 tra pezzi e guarnizioni). Terminato il montaggio inizia la fase più delicata dell’intera operazione: la taratura del primo e del secondo stadio. L’erogatore viene collegato alla macchina, il primo stadio viene portato alla pressione di esercizio ottimale (data dal costruttore), poi è la volta del secondo stadio, qui con l’ausilio di "Dime" di regolazione e di un sensibilissimo indicatore di sforzo inspiratorio/espiratorio, chiamato MAGNHELIC, si regola lo sforzo ottimale di innesco del sistema di respirazione, viene provata l’alimentazione minima a 20 bar, poi il tutto viene lasciato in pressione per circa 30 minuti, allo scopo di verificare se nel sistema ci sia una perdita. Tutti gli erogatori sottoposti a revisione dovrebbero essere accompagnati da una scheda che, oltre a funzionare da garanzia, indichi : il tipo e la matricola dell’erogatore, il lavoro effettuato ed eventuali parti sostituite, pressione di taratura, sforzo respiratorio, data di presa in carico, giorni di lavorazione, data di resa, sede nella quale viene effettuata la revisione ed infine nome e firma del tecnico. Questa scheda seguirà passo passo l’erogatore, come una cartella clinica e consentirà di sapere il tipo di interventi effettuati, le parti sostituite, e l’ultima revisione effettuata.

Cosa si intende per downstream ?

La quasi totalità degli erogatori oggi in commercio, utilizza nel 2° stadio il sistema "Downstream". Questo sistema, con un meccanismo molto semplice che consiste nel movimento di un singolo componente, venne introdotto agli inizi degli anni 60 solamente nei 1° stadi. Questo concetto è sopravvissuto a 30 anni di evoluzione, rimanendo pratica-mente inalterato. Il design del pistone "Downstream" fa si che l’estremità del pistone sia direttamente esposta alla forza dell’aria proveniente dalla bombola. Le ragioni della sua longevità (viene a tutt’oggi costruito ed utilizzato) stanno nella sua affidabilità ed economicità; la mancanza di controllo della pressione intermedia viene compensata da un’affidabilità a prova di bomba.

Lo stesso concetto venne applicato, nella metà degli anni 60, anche ai secondi stadi: fu così creata la valvola "Downstream Classica" e, se si fa eccezione per alcuni piccoli ritocchi, è rimasta praticamente inalterata fino ad oggi.

Il termine "downstream" si riferisce alla direzione in cui si apre la valvola. Infatti il sistema downstream si apre nella stessa direzione del flusso d’aria proveniente dal primo stadio. Questa aria in entrata esercita una spinta sull’estremità del poppet (testa della valvola) che costringe la valvola ad aprirsi (downstream). Tale forza viene contrastata da una molla, pretarata, che spinge nella direzione opposta cioè verso la posizione di chiuso.

La spinta esercitata dalla molla deve essere leggermente superiore alla forza di entrata del flusso in modo che l’ingresso rimanga chiuso fino all’inspirazione da parte del subacqueo. Lo sforzo di inspirazione richiesto per aprire una valvola downstream è direttamente proporzionale alla resistenza della molla.

Questo sistema consente di proteggere il sub nel caso improbabile (ma non impossibile) di sovrappressione intermedia, infatti ad un aumento della media pressione la forza downstream aggiuntiva farà aprire il poppet spingendolo contro la molla e provocando un flusso d’aria continuo nel secondo stadio.

Al fine di ridurre lo sforzo di distacco (innesco) e di conseguenza il lavoro respiratorio, venne sviluppata, alla fine degli anni sessanta, una valvola downstream detta a "Flusso lineare", questa consentiva di diminuire la compattezza dell’aria ed il coefficiente di attrito globale. La leva posta al centro della sede del secondo stadio permetteva un comando più efficiente del flusso dell’aria, la valvola invece, forata al centro del poppet, consentiva all’aria di passare nel suo interno per finire in una camera di espansione posta all’estremità della valvola stessa, che andava a contribuire alla spinta della molla di chiusura. Questo sistema consentiva, e consente tuttora, di avere una molla più piccola e più morbida e di ridurre lo sforzo di distacco. Con il passare degli anni questo sistema è stato perfezionato fino ad arrivare ad un erogatore con le stesse caratteristiche di valvola, ma con in più una regolazione che permetteva di indurire od ammorbidire, anche durante l’immersione, la spinta esercitata dalla molla sul poppet.

Pistone o membrana?

La bombola d’aria in pressione non ha la possibilità di modulare la stessa in uscita. Durante il proprio svuotamento. Serve quindi un apparato che adatti la pressione interna del gas contenuto parzializzandone l'uscita: a questo serve il 1° stadio dell'erogatore. Esso è collegato direttamente alla rubinetteria della bombola. Provvede ad abbassare la pressione del gas da 200/300 atmosfere (o la pressione presente in bombola) alla cosiddetta pressione intermedia. Il gas, che verrà portato verso il subacqueo tramite "fruste" (speciali tubi resistenti alla pressione), passa poi nel secondo stadio. Il subacqueo, infatti, non può respirare aria che non sia alla stessa pressione dell'ambiente che lo circonda.
I primi stadi si distinguono tra pistone e membrana.

PRIMO STADIO A PISTONE: Per capire il primo stadio a pistone possiamo osservare l’immagine.

Gli spazi verde scuro stanno a indicare la pressione reale che abbiamo nella bombola (identificata come HP, High pressure). Una parte finirà nella frusta del mano-metro, per indicarci la pressione reale che abbiamo a disposizione, una parte finirà nel circuito del pistone. L’alta pressione, passando attraverso l’orifizio che si crea tra la valvola e l’appoggio del pistone di colore rosso, verrà abbattuta da HP in LP (Low pressure). Affinché il pistone possa aumentare o dimi-nuire la distanza dalla valvola, utilizzerà la forza della variazione di pressione dell’acqua, che contrasterà la forza della molla variando l’apertura dell’orifizio. Questa gestirà a sua volta la portata d‘aria. Nella camera del pistone l’acqua potrà entrare e uscire attraverso fori aumentando e diminuendo la forza di contrasto.

PRO E CONTRO: Il primo stadio a pistone è il più comune nei diving center, non necessita di una accurata manutenzione poiché pur erogando altissime portate d’aria, rimane morbido alla richiesta fino all‘ultimo Bar. Questo erogatore, però, viene penalizzato nelle immersioni dove la temperatura dell’acqua è molto bassa. Lo stelo del pistone nella camera di bilanciamento è parzialmente immerso nell’acqua che arriva dall’esterno, quindi quando questa è a bassa temperatura, complice l’ulteriore abbattimento della temperatura causato dal passaggio del gas che si decomprime (pensa a quanto è fredda l’aria che esce da una bomboletta), rischia di far bloccare il meccanismo nel ghiaccio. La stessa situazione potrebbe riproporsi durante immersioni in acque molto sporche, dove si rischia che il sedimento sospeso nell’acqua entri nel corpo del primo stadio disturbando il corretto funzionamento del pistone stesso.

Ricordiamo che tutti i primi stadi, nell’eventualità di un mal funzionamento, utilizzano il seguente sistema di sicurezza: aumenta la pressione LP fino a quando il secondo stadio non la sopporta più, cedendo così in una erogazione continua. A questo punto si è costretti a chiudere l’immersione.

PRIMO STADIO A MEMBRANA: Il primo stadio a membrana adotta un sistema similare per variare la sua portata d’aria utilizzando sempre la variazione di pressione esterna. In questo circuito, come possiamo vedere nell’immagine, abbiamo sempre un flusso di HP d’entrata identificato da un colore blu che entrando nel corpo del primo stadio, passa in una camera di bilanciamento dove incontra lo spillo. Quest’ultimo, oscillando nella sua sede, apre e chiude a sua volta un orifizio, aumentando e diminuendo la portata d’aria LP identificata con il colore azzurro. Lo spillo, per avere il movimento di apertura e chiusura dell’orifizio, utilizza sempre il contrasto tra la forza della molla e la forza della pressione ambientale. Questa volta la forza della pressione ambientale non contrasta la molla dall’interno allagando il primo stadio, ma la contrasta dallo esterno, spingendo contro la membrana che preme la sella di appoggio dello spillo. Questa, a sua volta, varia la pressione LP evitando qualsiasi contatto con l‘acqua.

VANTAGGI E SVANTAGGI: Il primo stadio a membrana non è soggetto a possibili inceppamenti dovuti a temperature estreme né ad acque molto sporche perché completamente isolato dal contatto con l’acqua. Per immersioni tecniche esistono kit per isolare completamente il primo stadio, risultando ottimale in tutte le situazioni. L’unica situazione che può mettere in funzione il sistema di sicurezza è la cattiva manutenzione. Lo svantaggio di questo primo stadio è che diventa leggermente più duro nella richiesta d’aria quando la pressione reale della bombola scende molto, svantaggio che è stato migliorato molto negli ultimi anni.

Attacco DIN o INT?

La rubinetteria può avere uno o due rubinetti montati, collegati poi all'erogatore tramite una frusta, collegata a sua volta tramite un particolare attacco. Di quest'ultimo esistono due tipi: attacco INT (o a staffa, in inglese A-clamp o yoke) o attacco DIN (o a vite).

ATTACCO INT: (più rapido da montarsi) è il preferito dei principianti per la sua facilità di montaggio; ha però lo svantaggio di sopportare una pressione di esercizio minore (circa 230 bar) dell'attacco DIN e può succedere, talvolta, che salti l'o-ring anche in immersione.

ATTACCO DIN: (Deutsches Institut fur Normung) è più sicuro, per via della sua conformazione meno sporgente e con serraggio a vite. È preferito dai subacquei più esperti ed irrinunciabile per i subacquei tecnici: sopporta infatti pressioni maggiori (fino a 350 bar) ed inoltre, per la sua forma, rende pressoché impossibile lo sgancio dell'o-ring.

Le più moderne e versatili rubinetterie sono realizzate con due attacchi DIN all'interno dei quali sono avvitati degli adattatori da DIN-INT, detti anche caramelle o pastiglie, che sono facilmente estraibili mediante l'uso di una chiave a brugola da 6 o da 8 mm.

 

Concludo ricordando a tutti che una corretta manutenzione presso i centri autorizzati è essenziale per la nostra sicurezza e che quanto detto in questo articolo (e in tutti gli altri del sito) non va a sostituire in alcun modo quanto insegnato dalle didattiche ufficiali!